una sacca di pelle arancio


La sera viene comunque. È già lì, molto prima di noi. Osserva sorniona il disordine delle cose pronta a farsi sacca. La sera è una sacca di pelle arancio. Metterci tutto non conviene. Forse conviene scegliere cosa portarsi via e cosa lasciare lì, a prendere spazio nel passato insieme al pomeriggio. Tanto ricorderemo anche le briciole, non facciamoci troppi scrupoli. Buttiamo via o teniamo. Scegliamo.
Scelgo di tenere l'odore del tabacco sulle dita se provi a farti una sigaretta da sola, il rosso dei ritagli del copriletto, quello arrivato dal Messico qualche Natale fa, il mal di denti da caramelle gommose, il brivido lungo la schiena che ti sale quando la Trista Signora falcia via la vita di un ragazzo  e non c'è plausibilità, non ce n'è. Tengo la poesia di Franco Arminio, l'ultimo sorriso di Johanna Wokalek nel film di Wortmann, come si sbriciolano le sfoglie alla mela se le mordi senza educazione. Tengo il rumore che fa la malinconia quando scivola lungo certe pagine scritte a mano libera, la quiete, il lusso di un poco di noia, la X messa su questo 23 ottobre.
Cosa butto via non conta. Ci sarà modo di dirne. O di non dirne. Va bene lo stesso.
Appunto qualche percorso. Strade piccole e che delle volte stupiscono. Ad averne voglia c'è da viaggiare sempre. Anche in pantofole.
 


  

 

Commenti

  1. Grazie per l'odore di torta di mele e limoni da cogliere. Nella sacca arancio della sera meglio tenere poco... l'impermanenza dovrebbe sanare la sofferenza al suo primo accenno

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