il tuo dannato ballo

 

Ha danzato. C'è stato un momento in cui la vita mi ha danzato addosso con la grazia e la prepotenza proprie delle maree. Ha danzato, arrossiva, non temeva nulla. Ha mosso i fianchi, spudorata e sottile. Volava, potrei giurarlo. Ha volato, potrei raccontare i colori delle cose viste dall'alto. Un filo sottile la teneva attaccata alla coscienza e ai doveri, mentre non smetteva di danzare, non un minuto soltanto. Non un solo minuto. Corpo sì, corpo no. La musica erano la leggerezza e un senso primitivo di liberazione. Canzoni imperfette e traballanti, ma lei ci ha danzato sopra. Poi l'unghia ha graffiato il disco. Poi il disco è stato messo a riposare per un po'. Poi la polvere ha sporcato la puntina. Poi è saltata la corrente. Poi è tornata la corrente e lui era lì, un vecchio disco pieno di musica e di graffi. Trovare un panno umido come un abbraccio, questo occorre fare. Levare la polvere, con pazienza, e dal disco e dalla puntina. E se la musica è la tua musica la vita si rimette a danzarla. Se non lo è non c'è verso. Se è la tua musica, ci danzi sopra con grazia foss'anche che la pianta dei piedi l'hai lasciata chissà dove prima di arrivare lì. Se è la tua musica, prima o dopo vince sul rumore. Se non lo è hai voglia a ricamarci sopra parole e rime, a levare via polvere. Non gira. Puoi davvero fare del tuo meglio, ma lei non gira. La tavola non te la apparecchia. Ti tocca mangiare dalla padella e non c'è mai il pane per fare la scarpetta. Puoi aver pensato che ti calzasse bene, ma era la ciabatta di qualcun'altro e lo scopri sempre quando oramai l'hai già sformata col tuo piede. Siamo ostinati; volenterosi, inscatolati e ostinati. Hai contribuito al disordine dell'universo, hai lasciato cadere il tempo dall'orologio, hai ammonticchiato stagioni, eppure gli strumenti non si sono accordati: ti ha sempre lasciato un po' così quella stonatura di fondo, come quando vai a letto e i sogni ti svegliano, ma tu non sei capace di raccontarli. Poi ti accade di ascoltare la musica giusta e di vedere la vita che ci si agita sopra, come volasse, e non ti riesce più di tollerare la stonatura di fondo. Poi magari resti anche lì e balli la tua danza zoppa per abnegazione. Ma la tua vita ha danzato la sua danza meravigliosa, ora conosce i passi e il respiro che li segue e se ci pensi c'è davvero poco, credo niente, bello come quel ballo lì. È fatto di sgambetti, di pause, di abbracci e di silenzio. È imperfetto e umorale. Ma è il tuo dannato ballo e se te lo chiedessero, anche a tradimento, in questo preciso momento, sapresti raccontarli i tuoi sogni, tutti, uno ad uno. Alla fine anche la ciabatta che hai sformato è la metà di una coppia di ciabatte. Da qualche parte, dico io, ci sarà l'altra che la reclama. M'auguro. Auguriamocelo. Reclamiamoci. Che magari la vita in generale danza in eterno, noi invece, in particolare, no. Per dire.

 

 

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