vento #11gennaio

 

Temptation

Non urla. No. Non canta. No. Suggerisce schegge di note. Lo fa da ore ed ore. E da qui, chiusa qui, ascoltarlo è come starsene seduta su una panchina del porto a guardare altrove; come togliere con la mano le briciole di un panino che stonano sui pantaloni scuri; come fotografare una coppia di mani che si cercano in controluce; come sapere che qualcosa cambia, lo fa con perfetta noncuranza dei se e dei ma, cambia e basta, diventa quello che doveva essere, sfacciatamente.
È solo vento e si è preso due vasi e una bottiglia vuota che se ne stavano in pace sul balcone; si è preso un  libro letto in qualche ora e lo ha portato a spasso per il mondo, raccontandolo alle persiane a incuriosire altri sorrisi dopo il mio; si è preso la voglia di mangiare e l'ha sostituita con svariati sonnellini, alcuni sudati di febbre, altri timidi dello stesso sfacciato sogno; si è preso la distanza che oggi si consuma fra i rami e l'ha accorciata, l'ha resa tollerabile.
È vento, solo vento e sfuria via le impotenze, i cappi, i cadaveri, la malinconia, le minacce, i continenti, le pelli, i colori, certi abbracci, gli opportunismi e le opportunità. Non è silenzio, è vento, è altro dal silenzio il vento: lamenta, origlia, ingrassa, sputtana, solleva, lenisce.
Oggi gli devo un grazie, da qui, dal letto sfatto e con le ossa rotte, fermata come senza tempo dentro a un tempo adorabilmente disordinato, stordita dalle cose del mondo, dalle cose della mia casa, dalle cose dell'amore. Gli devo il grazie degli ingenui, che nella bellezza di un cielo primaverile a gennaio riscoprono il piacere del credere alla bellezza, nonostante tutto. Gli devo il grazie dei puri, che abbandonati alla vita, riescono sempre e comunque a volerle bene. Gli devo il grazie degli sbronzi, che con tutto il paracetamolo che ho in corpo forse a farmi una bottiglia intera di cognac avrei messo giù qualcosa di più sensato.
Tanto vale. Intanto lui soffia.
A bientot.

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