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Siamo nel 1990, credo. Mia nonna vive qui già da qualche anno. Un donnino nato nel 1911 ha, in quel momento, la bellezza di 79 anni. Viene dal lago, dall'alto lago, da un paesino minuscolo fatto di pochi abitanti (un centinaio, ai tempi), molte galline, qualche maiale e molta laboriosa calma. Ci mette un po' a capire come muoversi in mezzo a questa realtà fatta di gente, chiacchiere, cortili, merletto, automobili che corrono sempre, casino. No, non è Milano, ma per lei è tipo Nuova York. Per lei e per la sua terza elementare questa cittadina di provincia è Nuova York. Fa del suo meglio, non fosse altro che per essere d'aiuto, per non essere di peso, per scomparire (lei è abituata così: ad esserci senza fare troppo rumore, esserci con i fatti, essere una sicurezza senza rompere le palle). Un bel giorno il panettiere si scorda di lasciare il pane in fondo alle scale. Si usava così, poi è cambiato anche questo: la mattina il pane fresco te lo portava il panettiere. Alla fine del mese andavi e saldavi il conto del pane. Se ti occorreva qualcosa in più telefonavi e ti facevi portare a casa l'urgenza di cui ti eri dimenticato. Quella mattina con il pane dovevano portare la marmellata di fragole. Capirai che urgenza. Però lo era, alla fine, che senza quella dell'indomani non sarebbe stata una colazione come le altre e non va bene. Insomma, che poi passi la marmellata, al massimo se ne fa a meno, ma il pane? Come si fa? Quell'uomo torna dal lavoro e si merita la michetta sul tavolo. Le ragazze lo mangiano, il pane. Avevo pensato al pollo arrosto e serve, il pane con l'arrosto serve. Finisce che la nonna si veste a modino, infila le scarpe, inforca la borsetta con il portafogli dentro e parte. Esce e va dal panettiere. Da sola. Può sembrare balordo, ma non lo aveva mai fatto. Non da sola. Aveva come una paura. Con il nonno andava, da sola no. Quella mattina esce. Passeggia con calma, guarda bene prima di attraversare e pensa a cosa può servirle oltre al pane. Pensa anche che magari non le credono, che vuole il pane doppio e s'inventa la scusa che non l'ha trovato sulle scale. Pensa a molte cose: alla strada che conosce bene nonostante non la percorra da tempo; che non è poi così male fare due passi se non piove, che a lei l'ombrello dice male da sempre; che se ci fosse stata la Vittorina potevano prendersi un caffè (no, lei il caffè da sola non lo ordina, non le occorre; poteva essere la scusa per fare un po' le sciantose, a lei da sola non viene). Cammina e osserva e nell'osservare nota tre ragazze di colore ferme ad aspettare il bus. Le nota, prosegue, arriva all'alimentari, aspetta il suo turno, spiega del pane, le dicono che in effetti sarebbero ripassati più tardi, che è stata una svista e quindi avvisano che ci ha pensato lei, ordina la marmellata, un etto di cotto fresco e, già che c'è, prende la camomilla che sta finendo, paga, prende il sacchetto e esce. Si incammina verso casa e nota, sempre alla fermata del bus, che le ragazze, quelle di prima, quelle di colore, chiacchierano rumorosamente. Non le fissa, no, che fissare non è educato. Le sente, è diverso. Nel 1990 ancora tornavo da scuola. Ad aspettarmi c'era lei, con i suoi 79 anni. Quel giorno era raggiante, orgogliosa. Mi racconta del pane e poi mi dice: "Ho visto delle ragazze di colore, tre, alla fermata del bus. Non ne avevo mai viste. Mai. In televisione sì. Così, per la strada, che chiacchierano, no. Ma che belle! Ma che bello stare qui, che incontri per la strada la gente, tutta quanta, e capisci che il mondo è grande e arriva fino a qui. È grande, il mondo. E non mi ha fatto paura. Penserai che sono scema, che chissà voi cosa vedete, ma un pezzetto di mondo oggi l'ho visto anche io e avrei voluto chiacchierarci".

Quasi trent'anni fa. A 79 anni. Venuta da un buco di posto dove alla fine erano tutti parenti. Terza elementare. La guerra (anzi due) sulle spalle, non letta nei libri.
Quindi io dico che non occorre altro tempo, ma un cuore umano, aperto. Occorre intelligenza, tolleranza, curiosità. 
(Pensavo alla signora di sessanta, sessantacinque anni, che pochi giorni fa non si è fatta toccare da un medico perché "negro". E al suo sindaco che non ne condanna il gesto, ma la difende, dicendo che <poverina le serve tempo per capire ed accettare i cambiamenti>. E mi è venuta in mente mia nonna, che di anni oggi ne avrebbe 107 e, quant'è vero Iddio, qualcosa non mi torna).


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