sessanta #01marzo

 

Eccoli, quei giorni di mezzo in cui rovisti fra le cose che sei perché la luce (quella che il cielo schiaccia oltre la tua finestra perché ti grondi addosso dopo aver sbattuto sui muri delle stanze) le accarezza come avessero bisogno di essere raccontate. Quei giorni in cui l’inverno sembra tirare le cuoia, magari per finta, magari poi torna, ma non è in forma, chiama i rinforzi, si attacca all’orizzonte senza coraggio, pare sussurrare alla primavera “Sei più forte di me, mi arrendo”. Lo stesso freddo è un freddo diverso: ti fa venire voglia di cominciare un quaderno nuovo, di sbucciare una mela rossa, di appendere qualche fotografia. Le giuntura sono malinconiche, ammiccano al plaid e una tazza con dentro qualcosa di caldo, eppure vince la luce e lasci le porte aperte e giri la pagina del calendario e inizi ancora una volta, proprio di marzo, proprio di domenica. Conti, perché quest’anno hai voglia di contare, e arrivi a sessanta e ti dici che il lavoro che stai rimandando andrà bene anche fatto domani e provi le punte delle matite sulla carta per trovare il tratto migliore con cui appuntare un pensiero d’amore che prima o dopo regalerai a voce alta e sarà bello stare a guardare la reazione dei rami e delle curve e delle facce. Conti fino a sessanta ed è un numero bello tondo e ti mette allegria, come quel puzzle sulla scrivania che non è nemmeno tuo, ma alla fine lo è, proprio tuo, perché chi lo ha dimenticato qui aveva di meglio da portarsi via. Pensi che non un grammo dei Bene che hai sentito è andato sprecato. Non uno. Anche quelli che poi hai dovuto raccogliere dallo zerbino, che li avevano lasciati lì come si fa con il fango che rimane sotto alle scarpe. Anche quelli sono serviti, perché quei Bene lì ti hanno spinta in avanti, hanno aggiunto diottrie allo sguardo con cui, volente o nolente, metti mano alle cose del mondo perché si ricordino di te, per ricordartele.
Marzo caro, brindare alle tue ambizioni è sempre un piacere. È un piacere ascoltarti ridere, notare le crepe sul tuo calice, quello con cui porgi leggerezza e promesse; intuire la canzone che hai voglia di canticchiare mentre ti spogli per la doccia della sera; lasciarti entrare nelle stanze, negli armadi, fra le pagine dei libri. È un piacere aprirti senza che tu abbia osato bussare. La discrezione è un lusso che tu sai di poterti permettere. Adesso però balliamo e buonasera.

tre

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