però c'è un però #centocinquantaquattro #2018

Ci sono giorni che nascono storti e magari finiscono anche per essere giorni belli, con belle cose dentro, ma sono nati storti e dentro ci stai storta anche tu. Troppo trasparente, vulnerabile, affaticata: storta. Troppe chiacchiere su cose che invece nel silenzio se la cavano meglio, quantomeno il silenzio ti difende, si prende cura dei dettagli e prima o dopo li restituisce con più senso. Le parole delle volte riducono in luogo comune tutto un crescerci sopra che davvero non si può nemmeno immaginare. Parlo di sensazioni, quelle che sono la tua pelle, che tengono insieme le ossa e a volte le frantumano: a dirle, a darle, finisci che le guardi in faccia e le rughe che hanno preferivi restassero un segreto. Vale per il discorso del sindaco alla cerimonia del due giugno, per le questioni private mentre provi a dar loro una sfumatura che sia minimamente condivisibile, per una battuta che ti fa girare le balle e allora ci metti il carico da novanta, per un gesto o due che volevano solo essere cura e prendono tutta un'altra forma se c'è qualcuno che li guarda. Insomma, ci sono giorni in cui non ti ci senti, non ne vieni fuori, è un circolo vizioso e te sei nel mezzo, imbranata e detestabile, e forse era meglio starsene a letto, non giocare al soldato, chiamarsi fuori. Passi da uno specchio e vedi solo che sei grassa. Guardi le altre donne e vedi solo che loro sono madri. Cerchi di comprendere una ragione e capisci solo che non ci sono ragioni plausibili. Nel tuo giorno storto il tempo è troppo poco ed è sempre troppo tempo: è poco per spiegare e troppo per non dire niente; è poco per metabolizzare e troppo per non farti venire la faccia di merda ad ascoltare le solite banalità istituzionali; è poco per fare la cosa giusta e troppo per riuscire a non fare niente. Però c'è un però. Hai preparato la pasta fredda ed era buona. Hai scoperto che magari se smetti di assumere glutine ti sentirai meglio con il tuo corpo ridicolmente incazzato con l'idea di invecchiare e più lui si incazza più tu invecchi e lui non lo vuole capire. La tua amica c'è stata e le lucciole pure. Hai parlato di un libro che ti è davvero piaciuto e in quella piccola cosa era davvero tu. I piedi piccoli dei bambini piccoli sono una delizia. Hai giocato a scacchi con un paio d'occhi e magari da quella partita sortirà un po' di bene, che tante volte le donne non riescono a dirsi per bene poi però sanno darsi e parlare non serve più. Hai fumato l'ultima sigaretta della sera con l'uomo che ami e sono quei minuti lì a dirti che certa complicità non ha bisogno di un passaporto, è il passaporto: ne sei venuta fuori eroina contemporanea di un mondo sovrappopolato e riderci sopra è una cosa dritta. Ieri era un sabato che sembrava domenica e anche questo non ha aiutato, perché quando sei sbilenco vorresti che almeno gli schemi mentali funzionassero per benino e invece no, anche i giorni si mettono a giocare a sembrare altri giorni. Insomma, oggi mi sono alzata che sembra tutto torni, a parte questa bolla d'aria in cui mi gironzola il cervello, ma è domenica e a lei piace restare un po' lì a zonzo prima di carburare e partire. Mi bevo un altro caffè e poi lascerò che sia. Oggi niente specchi: vedrò di non dare ai riflessi l'occasione di giocare con le mie frustrazioni. Un libro è meglio. O magari qualche canzone. E tante care cose.


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