Dopo quando? Dopo #settantanove #19marzo2020


Scrivi senza pensare, dice. Ma come si fa? Forse lasciando le mani correre lungo il profilo della nostra pianta - la mia boccata d'aria buona ad ogni primavera - che sboccia foglie, a grappoli, come a dire che tutto torna, si rigenera, rinasce. Loro, le foglie, fanno un gioco meraviglioso: crescono di notte. Quando la luce le scopre, il mattino, s'incurvano, come fossero timide. E lo sono, giovani e commosse, ancora piccine, fragili, di quella bellezza straziante che hanno le cose pure, incontaminate. Scrivi senza pensare, dice. E allora scrivi della totale mancanza di concentrazione che abita questi giorni, l'assoluta impossibilità di dare forma a un senso compiuto e allora si infornano torte, per il loro profumo; si cuociono pomodori, per il loro profumo; si spolverano i libri, per il loro profumo. Forse a non pensare ti viene a galla la verità, quella che ogni tanto scalciavi in un angolo, quella canzone astratta che insinuava il dubbio su troppe cose, in primis su tutte quelle fatiche che fai e basta un attimo perché non siano servite a niente. A non pensare ti dici che sei povero sul serio e non puoi più far finta che non sia così. Perché se non hai messo via niente sei povero. Lo sei meno di chi vive su un marciapiede, certo, ma lo sei. Però ti dici anche, come d'istinto, che il tuo sguardo oggi è a quelle file di camion pieni di bare, bare colme di gente che fino a ieri l'altro spaccava la vita a bestemmie e lavoro, a sogni e vacanze rinviate, a errori e tentativi di rimediare. E senti le reni che si spezzano, piangono anche loro, in coro con tutte le ossa che nemmeno sapevi di avere. Scrivi senza pensare, dice. Se non penso mi viene da sperare, da starmene tappata qui perché è giusto così, perché voglio fare il colibrì, fare la mia parte buttando con il becco un filo d'acqua su questo incendio devastante. Fare la mia parte, anche non dovesse bastare, perché servire serve, non basterà, ma serve. Serve consapevolezza e compostezza e determinazione. E servono le gocce per dormire, diciamocelo. Così come servirà rimettere tutto in discussione, tutto. A partire dal tempo. A non pensare mi viene da dire che tutto il tempo che sto perdendo in questo momento servirà a qualcosa dopo. Dopo quando? Dopo: quando sarà il momento di tirare le somme e ad occhi bene aperti sapere, senza colpo ferire, chi ha scelto la cosa giusta e chi no, chi ha compreso e chi no, chi è sciacallo e chi no, a chi dare fiducia e a chi no. Dopo il lutto e il rispetto dovuto e il terrore. Dopo: quando si tratterà di ricominciare, senza baracca e senza burattini. Ma ora è presto, non è nemmeno l'anticamera di dopo. E se non penso mi viene da dire che tutto è nudo, non solo il re. Tutto: le bandiere, le gole, le chiacchiere e i silenzi. E non saprei dire se tutta questa nudità mi conforta o mi sfinisce, forse tutte e due le cose. Conforto e sfinimento possono abbracciarsi, loro possono. E c'è spazio nel loro abbraccio. E tempo. E via andare.

Commenti

Post più popolari