wild thing(s)

 

 

Tipo i miei capelli in questo momento. O  il freddo polare che bussa alla porta della cucina. I peli di gatto disposti con precisione millimetrica ovunque:  non in qualche dove, bensì ovunque. L'interrogatorio di Molly Notkin, da pag. 946 a pag. 955 del tomone. Herman, il buco nel soffitto nella casa da bambino di Don Gately. O meglio, perdere completamente il sonno alla una di notte nel momento esatto in cui ti viene raccontato che un bambino ha dato un nome a un buco nel soffitto. Aspettare un sms da ventiquattro ore e sapere che non arriverà, 'ché tu credevi di aver seminato fragole e invece erano semi di ortiche. Il rumore di fondo di una città inutile, che alla fine te la decori da sola ed in qualche modo prima che lei ti si prenda tutta intera senza dire né ma né se. La lentezza di un saluto, uno di quelli lasciati lì, a segnarti la vita per sempre, prima perdendo la memoria, poi dismettendo il fiato. Cose selvagge. Come una donna bellissima, un uomo bellissimo, l'amore a prima vista, il consumarsi delle ore una sigaretta alla volta, giocare a scacchi con le intenzioni e chi ti sfida gioca ad un altro tavolo. Come la spremuta d'arancia ghiacciata come primo bacio a una domenica qualunque. Che poi non lo sono mai, qualunque. Non le domeniche, non i lunedì. Sono paragrafi, cose selvagge di un piccolo mondo antico. Cose di poca gloria e tanto senso. Cose di intuizioni messe fra parentesi. Prima o poi qualcuno le racconterà per noi. O forse lo ha già fatto.

Che sia un giorno buono. Di qualsiasi selvaggità dovesse avere voglia.


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