centoventidue #1maggio2016 #imperfezioni

Che poi magari avevi anche fatto della fatica, così, per cercare di somigliare di più all'idea di perfezione che volevi regalare. Ti aveva punto lo stomaco quel disincanto che sentivi venirti addosso. E allora hai fatto delle cose, magari piccoline, non straordinarie, ma forti, tue, continuando a coltivare quel seme di fiducia quasi atipica nell'unicità di un darsi senza se e senza però. Accadeva la vita e tu cercavi di rimediare ai danni che tuo malgrado avevi esploso addosso al tempo. Ma il rimedio non serve se non c'è uno sguardo che lo coglie. Il rimedio allarga il buco se continuano a pioverci dentro le stesse diapositive, quelle degli errori, quelle foto di definizioni di lemmi cui è possibile dare interpretazioni diverse e se alle cose si danno significati diversi non possono diventare colla, c'è poco da fare. Che poi tu, di tuo, una volta affrontata la questione la ritieni risolta. Ritieni che snocciolare i perché e i percome serva a denudarli e una volta nudi è più facile contar loro le costole e capire se sono sempre adatte a suonare quella musica lì che chissà per quale motivo s'è presa una pausa da stagione di mezzo. E, sempre di tuo, animaccia che si tortura di domande e ne viene fuori divisa in due, ti metti lì a contare, a cantare, a stringere. Ma il mondo c'ha il sapone addosso. Il mondo scappa via, tace, dice quel che ne ha voglia, rimugina, si giustifica, rimbecca, fa come può. Tutto questo fare come si può, miracoloso e umanissimo, delle volte si traduce in grandi pacche sulle spalle che ci diamo da soli, quando invece la pacca sulla spalla migliore è quella che viene da un amore che non sia il nostro per noi stessi. Ma cos'è tutta quest'ansia di non essere capiti mai? Cosa diavolo ci dice il cervello nel momento esatto in cui prendiamo a calci nel culo proprio le cose, le sole, in grado di decorarci lo stare al mondo e di farlo come si deve? Ma dove l'hanno scritto e chi l'ha scritto che quel benedetto primo passo del cazzo lo devono fare sempre gli altri? Ma com'è che i miei errori sono valanghe che lasciano voragini e quelli degli altri invece sono cose che capitano, cosa vuoi farci, e le esperienze e la paura e la delusione? La storia del cane che si morde la coda non è una chiacchiera da bar. La storia del cane che si morde la code è una storia densa e foriera di dannazioni. per tutti, ma proprio tutti tutti. In amicizia, in amore, ovunque, sempre. Eppure ci gongoliamo dentro, ognuno cane a modo suo e coda quando serve. E poi ogni tanto è domenica e oggi piove e comincio ad avere fame e magari mi faccio un altro caffè. Indossare l'imperfezione con classe è un lusso che non tutti possono permettersi, altro che balle. Regalarsi l'inganno di riuscirci, ogni tanto, fa bene. Tutto il resto è come il fiato: fino a che ce n'è va bene così.



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