centotrentaquattro #13maggio2016 #stupori
Ora, succede che entro in camera da mio padre oggi alle tre e quarantacinque minuti e ne esco alle sei (minuto più, minuto meno). Che chiacchierare con lui è bello e delle volte la vita ti toglie il gusto di farle, quelle quattro chiacchiere. Sarà che l'ospedale ha un suo fascino dannato e abominevole che stimola quel farsi compagnia che poi a casa ti sembra una cosa da potersi rimandare. Sarà che abbiamo passato giorni di cacca purissima e alla fine ti incazzi proprio con chi la cacca la mangia con te, non con chi mediamente se ne frega della tua cacca. Sarà questo o quello, non saprei dire, ma queste due ore m'hanno restituito mio padre più giovane di dieci anni. Fiducioso, attento, capace di chiedere come diavolo stai e, su tutto, bello come il sole. Lo guardavo e aveva dieci anni di meno. Sarà la chimica, sarà quel che deve essere, ma pochi giorni di degenza e, trac, rieccolo IL bigMolt. Il tagliando gliel'hanno fatto per bene, a 'sto giro. Io poi non saprei domani cosa può succedere, ma oggi è stato bello e me lo voglio ricordare e lo faccio così, fermando un giorno come gli altri in quattro righe di niente, ascoltando una canzone che non ascoltavo da tempo, pensandolo immortale, spalmato di sfrontatezza, perché per sopravvivere a una quantità di sfiga come quella che gli è toccata in sorte o sei uno sfrontato senza fronzoli o un alieno. Propendo per il pensarlo alieno, ma solo perché un poco più poetico e perché essergli figlia mi risulta così un filino più cinematografico. In ogni caso, meglio un giorno da alieni che dieci da. (A ognuno il proprio termine di paragone).
Abbracci&Baci.
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