Dopo cosa? Dopo #novantatrè #2aprile2020

Non sei uno qualunque, non lo sei mai stato. Di poche chiacchiere e tanto mestiere, con i tuoi calzini verdi e le braccia forti, capaci di tenere attaccati i giorni alle notti nonostante quello che capita nel mezzo somigli a un sonetto cui hanno zittito la metrica. 
Mi hai sempre raccontato storie che potevano somigliare a fiabe, ma ci hai sempre tenuto tenessi a mente che è la vita ad essere fatta così. I mostri sono mostri e le fate sono fate: non ti piace che si  mischino le carte, non quando è il tuo turno di dirigere le stagioni. 
Hai quella barba appena accennata che piace alle giovani donne e che fa sentire belli i ragazzi quando spingono sui talloni per lasciarsi il passato alle spalle. È chiara, non punge, sboccia come fanno le camelie, solo che poi le camelie esplodono, colorano tutto, respirano ad alta voce: la tua barba no, non scoppia, tiene solo una leggera compagnia.
Fai venire dubbi, lo hai sempre fatto, con la tua ora di meno e il tuo vestito di gesti. Non sai dire calore quando scende la sera: sussurri i tramonti dientro a finestre che è meglio restino chiuse, ma lo fai smuovendo i colori fino a che sembrino brezza e i colori brezza mettono caldo, almeno al fondo degli occhi. Non sei un mezzadro della malinconia, è che ti dipingono così. Tu sei piuttosto un regno, l'anticamera dal soffitto alto di un poi gentile, il presagio del dopo. Dopo cosa? Dopo.
Ti piacciono i fiori nei vasi, i disegni fatti a matita sui foglietti mentre ti si ascolta cantare, l'odore del pane, i capelli del loro colore. Ti piacciono i fianchi larghi, le gole nude, l'ombra del collo che si allunga quando si cammina, la terra sotto alle unghie.
Sei una foto rubata, un ukulele suonato di lato, una promessa da mantenere, un debitoche non sempre si riesce a onorare.
Mi piacerebbe berti, a sorsi grossi ed esaustivi. E invece resto a guardare, come inebetita, quasi fermata, in apnea. Ma una cosa c'è e ne sono certa: è, mi sembra, come un desiderio, un ninnolo prezioso, un accidente del pentagramma. 
Vorrei essere portata al mare, aprile mio.
Vorrei solo essere portata al mare.
Ci avrei scommesso avresti sorriso a sentirmelo dire.
 



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