fossi un tratto prosodico sarei...

 

Giuro, ero convinta come non mai che sbafo si prendesse due effe. E invece no. Ne vuole una sola. Oggi ho un problema con la grammatica. Durante la pausa caffè, stamane, leggiucchiando nel web, qua e la, mi sono imbattuta per puro caso in un assunto terribilis. Non capivo. Giravo e rigiravo la frase nella mia testolina bacata e non tornava il senso. Niente da fare. Fino a che ho capito: era scritta male. Sbagliata. Un che dondolante nel mezzo del periodo si portava via significato e delizia fonetica. Porca paletta! Ci sono rimasta male. Mi sono ritrovata tra passo e orma anche un altisonante intriNse che mi ha dato un cazzottone in pieno volte. IntriNse. Eccoci. Una enne dove non serve e il tuo spuntino delle dieci va a farsi benedire (e non darmi la colpa alla tastiera che e, enne e esse distano miglia lì sopra). La bellezza delle parole è qualcosa che salva. I flussi del pensiero si mortificano se tu li tronchi con degli strafalcioni illeggibili. E' una questione di rispetto. Che male ti hanno fatto, poveri pensieri? Perché mortificarli cercando di comunicarli già fuori forma, malaticci nel dna? Un conto è se stiamo giocando (e a me piace da morire giocare con l'italiano, prenderlo in giro, come si fa con chi ami - ti permetti l'ironia perché sai che dall'altra parte sanno chiaramente che nasce da un profondissimo rispetto). Un conto è se siamo in cattedra. Rileggi, porca miseria. Al contrario, da destra a sinistra, per rispetto a ogni singola parola. In ordine, da sinistra a destra, un periodo alla volta, per la grammatica. Magari in ordine sparso, come se ogni frase fosse una citazione. Fai una pausa di dieci minuti dopo avere scritto, libera la testa da quello che volevi dire e rileggi. Fatti questo favore e fallo pure a me: nessuno deve niente a nessuno, è pur vero, ma la solfa dei refusi comincia a sembrarmi una cotale baggianata... Amo la leggerezza, non la superficialità. Amo l'acume, da morirci, ma non posso giustificarti tutto in nome dell'acume. Ora mi mangio un bel risotto con il radicchio. Anche il risotto, a scriverlo con una t sola, perderebbe in cremosità. Ne sono certa. Del radicchio senza doppia preferisco non parlare. Mi si attorcigliano le papille gustative. Baci e abbracci. E un bel due punti in omaggio.

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Commenti

  1. Bellissimo post: io fra i refusi ci vivo, visto che correggo bozze da una vita. E ho visto di tutto, ma proprio di tutto. Il punto è che, a furia di far le pulci agli altri, a volte mi capita di parlare o di scrivere come una bozza... ma prima che sia corretta!
    E mi refusizzo pure io.
    Buon lunedì
    Chiara

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  2. ma io sono regina del refuso semantico!! è che ne sono consapevole. questo fa una discreta differenza, mi pare. :) refusizziamoci, e via andare. un bacio Chiara cara!

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  3. Qui mi hai colta sul vivo.
    Vorrai perdonarmi questa cosa impopolare: http://www.alessandradelbono.com/2010/04/misspelled.html, ma anche io l'anno scorso mi sono sfogata così.

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  4. "Dunque: i cerubini esistono, e qualche volta l’errore crea il discrimine tra il parlare con sapore e il parlare senza sapore." adoro.
    (sappiamo bene tutte e due, però, che se esageri con il sale poi non mangi più :D)

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